Percepire il vantaggio di vivere nei Paesi Bassi significa muoversi in città affittando una delle migliaia di biciclette disponibili nei garage dislocati in tutti i centri urbani e vicino alle stazioni. In sella alle due ruote, sfrecciando nel traffico post-lavorativo di un pomeriggio piovoso, attenti a precedenze, sorpassi e svolte – da segnalare e rispettare con rigore – è più facile comprendere la mentalità di un Paese che ha sostituito questo mezzo a milioni di automobili, che intasano ogni giorno le arterie delle nostre grandi città inquinando l’aria.
Amsterdam, Rotterdam, Utrecht, sono tre modelli di sviluppo urbano innovativo e possibile, esportabile anche alle nostre latitudini, con il vantaggio di chi ha già sperimentato. Dal 24 al 27 aprile, Il Sole 24 Ore ha partecipato al 21esimo Urban Creative City-Break organizzato da Stratosferica, organizzazione per la promozione della cultura urbana fondata da Luca Ballarini e Giacomo Biraghi: un format-viaggio alla scoperta delle trasformazioni delle metropoli internazionali, grazie all’incontro con progettisti, urbanisti, esperti di mobilità, funzionari di agenzie pubbliche, creativi e ideatori di nuovi modi per vivere la città.
La mobilità
«Nelle città olandesi tutto parte, sempre, da una stazione» , racconta Paolo Ruffino, senior planner di Royal HaskoningDHV, società di consulenza ingegneristica globale. «Il piano di sviluppo ha seguito il cosiddetto “Transit Oriented Development”. La stazione è fulcro dello sviluppo della città e si privilegia la densità in questi snodi per rendere conveniente il binomio bici-treno, al punto che oggi la metà dei viaggi in treno parte proprio con uno spostamento casa-stazione in bicicletta. Inoltre, le stazioni sono viste come l’ingresso dei visitatori in un territorio: la prima impressione è quella che conta, per questo si è puntato su qualità e bellezza. Da questi centri nevralgici ha seguito l’aggancio progressivo di nuove centralità in un processo volto al policentrismo, ma legato dal filo della connettività, dalle aree rurali all’aeroporto intercontinentale di Schipol».
Sviluppo immobiliare
«Dal 1994, per mettere un freno alla suburbanizzazione e ghettizzazione, l’Olanda ha scommesso sullo sviluppo di investimenti coordinati, parte di una vera politica territoriale – conferma Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari –. Si è partiti dalle maggiori quattro città e da alcuni quartieri per passare a 15 e fino a 31 centri nel 2007. La competizione tra i centri urbani è aumentata rapidamente e ha impattato su mercato e prezzi, unitamente alla spinta politica per attrarre investimenti, la popolazione in crescita, la scarsità di offerta, l’attrattività del territorio post Brexit e l’approccio nei confronti del costruito, anche storico. Perché se c’è necessità, nel Paese si demolisce e ricostruisce».
Risultato: la crescita del valore delle case è tra le più forti degli ultimi 20 anni. Oggi un appartamento nel centro di Utrecht costa in media 6.500 euro al mq; ad Amsterdam si arriva a 10mila . Il 70% degli olandesi vive in case di proprietà. «Secondo l’ufficio di statistica Cbs, l’equivalente della nostra Istat – aggiunge Ruffino –, la popolazione olandese supererà i 20 milioni entro il 2070. La National Housing and Building Agenda prevede la costruzione di 900mila case entro il 2030».
Rebranding
A contribuire al successo dello sviluppo nei Paesi Bassi è stata, infine, una azione coordinata di rilancio dell’immagine. «Ancora oggi occorre superare barriere e difficoltà», racconta Matthijs de Jongh, partner e strategy director dello studio creativo KesselsKramer. «La città un tempo nota per la droga leggera e le prostitute è ormai sdoganata come capitale dello sviluppo urbano e sociale». Una scommessa di sistema. «Del resto, come si dice in Olanda – conclude Ruffino – Dio ha creato il mondo, ma l’Olanda è stata creata dagli olandesi».
Fonte Il Sole 24 Ore del 06/05/24